venerdì 6 novembre 2015

Nuove imprese a tasso zero: le domande dal 13 gennaio 2016

Nuove imprese a tasso zero: le domande dal 13 gennaio 2016

Conto alla rovescia per gli incentivi di Invitalia rivolti ai giovani e alle donne che vogliono avviare micro e piccole imprese.
Dal 13 gennaio 2016 parte infatti la misura “Nuove imprese a tasso zero”, che mette a disposizione 50 milioni di euro.
Le nuove agevolazioni rappresentano un aggiornamento della misura Autoimprenditorialità (decreto legislativo 185/2000, Titolo I), sono valide in tutta Italia e finanziano progetti d’impresa con spese fino a 1,5 milioni di euro.
A chi è rivolta la misura
Gli incentivi sono rivolti alle imprese partecipate in prevalenza da donne o da giovani tra i 18 e i 35 anni. Le imprese devono essere costituite in forma di società da non più di 12 mesi rispetto alla data di presentazione della domanda.
Anche le persone fisiche possono richiedere i finanziamenti, a patto che costituiscano la società entro 45 giorni dall’eventuale ammissione alle agevolazioni.
Gli incentivi
Le agevolazioni sono concesse nei limiti del regolamento de minimis e prevedono un finanziamento agevolato a tasso zero della durata massima di 8 anni, che può coprire fino al 75% delle spese totali. Le imprese devono garantire la restante copertura finanziaria.
Cosa si può fare
Sono finanziabili le iniziative per:
·         produzione di beni nei settori industria, artigianato e trasformazione dei prodotti agricoli
·         fornitura di servizi alle imprese e alle persone
·         commercio di beni e servizi
·         turismo
Le attività turistico-culturali e l’innovazione sociale sono considerati di particolare rilevanza.


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mercoledì 2 settembre 2015

La cartella di Equitalia si annulla con semplice istanza

Da www.studiolegalesances.it 

Se la cartella esattoriale o qualsiasi altro atto di Equitalia è illegittimo il contribuente può fare una semplice istanza e se non ottiene risposta entro 220 giorni il debito si annulla definitivamente.

Ciò è quanto stabilito da una innovativa sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, la quale ha provveduto ad annullare una serie di cartelle esattoriali a carico di un imprenditore lombardo per centinaia di migliaia di euro affermando sostanzialmente l’esistenza del DIRITTO ALL’ANNULLAMENTO DEL DEBITO TRIBUTARIO PER SILENZIO/ASSENSO A SEGUITO DELLA MANCATA RISPOSTA DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE ALL’ISTANZA DEL CONTRIBUENTE (si veda sentenza  n.5667/40/15 depositata il 23/06/2015, Presidente Dott. PierCamillo Davigo, liberamente visibile su www.studiolegalesances.it – sezione Documenti).

Tutto ha origine da alcune disposizioni emanate con la Finanziaria del 2013 (legge n.228/2012); in pratica, la norma prevede che entro novanta giorni dalla notifica di un qualsiasi atto da parte del concessionario della riscossione, il contribuente possa fermare tale azione con una semplice istanza.

Al fine di comprendere meglio la portata della norma, si consiglia di leggere l’articolo 1, comma 537, della legge n.228/2012 laddove prevede espressamente che i “concessionari per la riscossione SONO TENUTI A SOSPENDERE IMMEDIATAMENTE  ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate, su presentazione di una dichiarazione da parte del debitore…”.

A seguito del deposito della dichiarazione al concessionario, dunque, quest’ultimo è tenuto ad avvisare l’ente competente – che potrebbe essere, ad esempio, l’INPS per i contributi previdenziali, l’Agenzia delle Entrate per i tributi, gli enti locali per le sanzioni amministrative, etc… – il quale a sua volta deve rispondere al contribuente (comma 539).

Ovviamente, come già anticipato, la parte più importante della norma è sicuramente quella che stabilisce le conseguenze derivanti dalla mancata risposta dell’ente impositore.

Infatti, il comma 540 prevede che “trascorso inutilmente il termine di duecentoventi giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore allo stesso concessionario della riscossione, le partite … SONO ANNULLATE DI DIRITTO…”.

Proprio in forza delle predette norme, i giudici di Milano non hanno potuto fare altro che constatare la mancata risposta dell’Agenzia delle Entrate di Milano e dunque accertare l’annullamento del debito tributario.

Nello specifico, infatti, i giudici dichiarano “Gli atti emessi dall’Ufficio risultano illegittimi per la mancata risposta dell’Agenzia delle Entrate alle istanze di annullamento proposte dal ricorrente. Il contribuente, come evidenziato nel ricorso introduttivo, ha lamentato la mancata risposta dell’ente impositore alle due istanze presentate ai sensi dell’art. 1, commi 537 e seguenti della legge n.228/2012” (pagina 2 della sentenza).

Ci si augura, dunque, che tale pronuncia possa contribuire a creare un nuovo clima di collaborazione tra Fisco e contribuente, soprattutto in virtù del fatto che l’inerzia del Fisco può creare gravi conseguenze alle casse dell’Erario.


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domenica 23 agosto 2015

Per dedurre i costi, è insufficiente esibire la fattura e il pagamento

Da Fiscooggi.it

Per dedurre i costi, è insufficiente esibire la fattura e il pagamento
Qualora l'amministrazione finanziaria, in prima battuta, provi che in realtà l'operazione non è stata effettuata, si trasferisce al contribuente l'onere di dimostrare il contrario


Nel caso in cui l'ufficio ritenga che una fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti, cioè sia una mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno, e quindi contesti l'indebita detrazione dell'Iva o deduzione dei costi, l'Amministrazione finanziaria ha l'onere di fornire elementi probatori del fatto che l'operazione fatturata non è stata effettuata (ad esempio, provando che la società emittente la fattura è una "cartiera") e a quel punto passerà sul contribuente l'onere di dimostrare l'effettiva esistenza delle operazioni contestate.
A precisarlo, la Corte di cassazione con la sentenza n. 16437 del 5 agosto 2015.

I fatti
La vicenda riguarda l'impugnazione da parte di uno specialista ortopedico di due avvisi di accertamento relativi a Irpef e Irap, a seguito di ripresa a tassazione di costi indeducibili riferiti a prestazioni parzialmente inesistenti derivanti da fatture emesse da una società per la fornitura al professionista, mediante apposito contratto, di strutture e servizi sanitari (una sala operatoria e personale specializzato), risultati poi, secondo le verifiche dell'ufficio, mai messi a disposizione e utilizzati. È importante sottolineare che questa ricostruzione dei fatti non è stata mai contraddetta dal contribuente.

La Commissione provinciale adita rideterminava un minore importo della detrazione spettante, con esito confermato anche in secondo grado, ove il giudice del riesame, nel legittimare tale soluzione, ha sostenuto che, nel caso di specie, si tratta di costi per prestazioni risultate parzialmente inesistenti, non essendo sufficiente a tal fine "la semplice indicazione di un corrispettivo forfettario in un contratto". Peraltro, il giudice d'appello ha accertato in via di fatto che non tutti i servizi inizialmente concordati erano stati poi effettivamente forniti al contribuente, che di conseguenza ha pagato per quanto ricevuto, pervenendo quindi a quantificare esattamente i costi sostenuti e il relativo diritto alla deduzione.

Nel conseguente ricorso per cassazione, il contribuente lamenta - per quanto di interesse - violazione dell'obbligo di motivazione nella parte in cui la sentenza impugnata afferma la non sufficienza della sola pattuizione di un corrispettivo per far sorgere l'obbligo di pagamento del medesimo.

Motivi della decisione
Decidendo la vertenza, con la sentenza n. 16437/2015, la Corte suprema rigetta il ricorso in quanto la motivazione della decisione impugnata risulta logica e coerente, dato che la Commissione del riesame, confermando la riduzione a circa la metà dei costi portati in deduzione dal contribuente, ha chiarito che l'ente impositore ha fornito dimostrazione dell'inesistenza parziale delle operazioni, malgrado le evidenze contrattuali delle prestazioni di servizi e di personale specializzato, da parte della società fornitrice dei beni e servizi poi fatturati (società della quale è, peraltro, presidente la moglie del contribuente), essendo emerso che alcuni dei servizi pattuiti non sono mai andati a buon fine.
Ad avviso della Cassazione, quindi, sulla base del fatto noto, rappresentato dalla circostanza che parte delle prestazioni dedotte in contratto non sono mai state rese dalla fornitrice, la Corte territoriale è risalita al fatto ignoto, dato dalla parziale inesistenza, per mancato pagamento di parte delle fatture indebitamente portate in deduzione dal professionista.

Con riferimento alla natura delle prestazioni contestate dall'ente impositore, la sezione tributaria ha poi ricordato che, in tema di detrazione/deduzione di costi ai fini Iva e delle imposte sui redditi derivanti da "frodi carosello", qualora l'Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l'indebita detrazione di fatture, in quanto relative a operazioni inesistenti, e fornisca attendibili riscontri indiziari sulla inesistenza delle operazioni fatturate, è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo, altrimenti indeducibili (Cassazione 2847/2008), non essendo sufficiente, a tale scopo, la dimostrazione della regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili (Cassazione, sentenze 15228/2001, 1950/2007, 12802/2011).

La giurisprudenza di legittimità ha inoltre affermato che, in caso di accertata assenza dell'operazione, è escluso che possa configurarsi la buona fede del cessionario o committente, giacché la semplice buona fede non può essere invocata da parte di chi sfrutti gli effetti favorevoli di operazioni accertate come inesistenti senza mai mettere in moto alcun intervento di rettifica delle indebite appostazioni (Cassazione 24426/2013).

In questo caso, l'ufficio ha contestato la deducibilità dei costi, perché indicati in misura superiore al reale, perché correlati a operazioni parzialmente inesistenti e l'onere della prova è debitamente assolto dall'Amministrazione finanziaria, mentre invece il contribuente non ha provato il contrario a sua discolpa (articolo 2697, comma 2, cc), non essendo stati addotti validi elementi di contrasto ai dati in possesso dell'Amministrazione acquisiti nell'ambito di indagini istruttorie legittimamente compiute (cfr Cassazione 17377/2009).


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giovedì 12 marzo 2015

Nuova Sabatini

E' l’agevolazione messa a disposizione dal Ministero dello Sviluppo Economico per tutte le imprese che vogliono rinnovare gli impianti, acquistare nuove attrezzature, investire in hardware, software e tecnologie digitali.

L’obiettivo è facilitare l’accesso al credito delle imprese e accrescere la competitività del sistema produttivo.
È rivolto alle micro, piccole e medie imprese su tutto il territorio nazionale.
Sono ammesse le imprese che, alla data di presentazione della domanda:
• hanno una sede operativa in Italia e sono regolarmente iscritte nel Registro delle imprese o nel Registro delle imprese di pesca
• sono nel pieno e libero esercizio dei propri diritti
• non sono in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali
• non rientrano tra i soggetti che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti considerati illegali o incompatibili dalla Commissione Europea
• non si trovano in condizioni tali da risultare imprese in difficoltà.
Sono ammessi tutti i settori produttivi, inclusi agricoltura e pesca.
Gli unici esclusi sono i seguenti:
• industria carboniera
• attività finanziarie e assicurative
• fabbricazione di prodotti di imitazione o di sostituzione del latte o dei prodotti lattiero-caseari
• attività connesse all’esportazione e per gli interventi subordinati all’impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti di importazione.

La misura sostiene gli investimenti per acquistare o acquisire in leasing macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo, nonché hardware, software e tecnologie digitali.

I beni devono essere nuovi e riferiti alle immobilizzazioni materiali per “impianti e macchinari”, “attrezzature industriali e commerciali” e “altri beni”.

Sono quindi escluse le voci “terreni e fabbricati” e “immobilizzazioni in corso e acconti”.
L’investimento è interamente coperto da un finanziamento bancario (o leasing) che può essere assistito fino all’80% dell’importo dal Fondo di garanzia e deve essere:
• di durata non superiore a 5 anni (il finanziamento deve avere durata massima di 5 anni dalla data di stipula del contratto di finanziamento o di leasing, comprensiva del periodo di preammortamento o di prelocazione.
(Art. 4 DM 27 novembre 2013) finanziamento deve avere durata massima di 5 anni dalla data di stipula del contratto di finanziamento o di leasing, comprensiva del periodo di preammortamento o di prelocazione.
• di importo compreso tra 20.000 euro e 2 milioni di euro
• interamente utilizzato per coprire gli investimenti ammissibili.

Inoltre, il Ministero dello Sviluppo Economico concede un contributo che consiste in un “rimborso” pari all’abbattimento del 2,75% degli interessi pagati dall’impresa alla banca (o alla società di leasing), applicati al finanziamento ottenuto.

All'atto della presentazione della domanda l'impresa non deve presentare i preventivi né fatture o altri titoli di spesa. 
Fatture o altri titoli di spesa non devono essere allegati nemmeno alla domanda di erogazione della prima quota di contributo, che, secondo lo schema di cui all’allegato n. 3 della circolare, deve essere corredata delle sole dichiarazioni liberatorie rese dai fornitori (allegato n. 4), attestanti anche il requisito di nuovo di fabbrica.
Nel caso di investimento in leasing alla richiesta di erogazione deve essere allegata la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà della società di leasing attestante l’avvenuto pagamento a saldo dei beni oggetto di investimento, corredata di analoghe dichiarazioni liberatorie dei fornitori. (Art. 10 DM 27 novembre 2013 - P.to 8 Circolare 10 febbraio 2014 n. 4567)

Dopo la presentazione della domanda, l’iter prevede le seguenti fasi:
1. la banca verifica l’esistenza dei requisiti formali e concede il finanziamento
2. l’impresa può acquistare i beni: • dal giorno successivo all’invio della domanda con posta elettronica certificata (PEC) ad eccezione del settore agricolo per il quale il termine decorre dalla data del Decreto di concessione emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico • in ogni caso entro 12 mesi dalla stipula del contratto di finanziamento con la banca (o intermediario finanziario);
3. una volta concluso l’investimento, entro 60 giorni l’impresa deve attestarne il completamento al Ministero dello Sviluppo Economico 4. il Ministero dello Sviluppo Economico eroga in più quote annuali il contributo direttamente all’impresa

Un DURC regolare non rientra tra le condizioni di ammissibilità per la concessione del finanziamento.
Viceversa un DURC regolare è necessario in sede di erogazione delle agevolazioni.

L’investimento deve essere concluso entro il periodo massimo di 12 mesi dalla data stipula del contratto di finanziamento. (Art. 5 DM 27 novembre 2013 e P.to 7 Circolare 10 febbraio 2014 n. 4567)

L'acquisto di un impianto fotovoltaico funzionale allo svolgimento dell'attività d'impresa è considerata spesa ammissibile alle agevolazioni, laddove rientri nel concetto di "impianti", come chiarito nelle varie risoluzioni dell’Agenzia delle entrate (cfr. circolare 19 dicembre 2013 n. 36/E; circolare 19 luglio 2007, n.46/E; circolare 11 aprile 2008, n.38/E), quindi macchinari, impianti diversi da quelli infissi al suolo, ed attrezzature varie, classificabili nell’attivo dello stato patrimoniale alle voci B.II.2 e B.II.3 dello schema previsto dall’art. 2424 c.c.
(Art. 5 DM 27 novembre 2013 - P.to 6 Circolare 10 febbraio 2014 n. 4567)

Nei limiti e alle condizioni stabiliti nei regolamenti comunitari del settore di riferimento (per l’agricoltura regolamento (CE) n. 1857/2006, per la pesca regolamento (CE) 736/2008 e per gli altri settori regolamento (CE) n. 800/2008), sono ammissibili tutte le spese per l’acquisto o l’acquisizione in leasing di macchinari, impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché di hardware, software e tecnologie digitali, classificabili, nell'attivo dello stato patrimoniale, alle voci B.II.2, B.II.3 e B.II.4, dell'articolo 2424 del codice civile, e destinati a strutture produttive già esistenti o da realizzare ovunque localizzate nel territorio nazionale. 
(Art. 5 DM 27 novembre 2013 - P.to 6 Circolare 10 febbraio 2014 n. 4567)

Tra le spese ammissibili rientrano anche arredi e attrezzature in quanto classificabili nell'attivo dello stato patrimoniale alle voci B.II.2, B.II.3 e B.II.4 dell'articolo 2424 del codice civile e purché si tratti di beni strumentali ad uso produttivo, correlati all’attività svolta dall’impresa ed ubicati presso l’unità locale dell'impresa in cui è realizzato l’investimento. (Art. 5 DM 27 novembre 2013 - P.to 6 Circolare 10 febbraio 2014 n. 4567)

In linea di principio rientrano tra le spese ammissibili gli impianti generici e gli impianti specifici classificabili alla voce B.II.2 "Impianti e Macchinario" del Bilancio secondo l'art. 2424, come declamati nel Principio Contabile n.16 dell'OIC. Si considerano quindi ammissibili gli impianti/apparecchiature di riscaldamento e condizionamento comprese le relative opere murarie per le installazioni.
L'impianto elettrico e l'impianto idraulico non sono ammissibili alle agevolazioni in quanto non hanno una loro autonoma funzionalità, ovvero non sono separabili dal bene stesso, e sono iscrivibili come adattamento locali tra "altre immobilizzazioni immateriali".

Sono ammissibili alle agevolazioni gli impianti di cogenerazione, mini eolico (se non infissi al suolo) e micro-generatori non dotati di autonomia funzionale e reddituale, quindi considerati impianti da appostare nelle voci B.II.2 e B.II.3 del bilancio ai sensi dell'art 2424 del codice civile. Per la cumulabilità degli incentivi con l'agevolazione Beni Strumentali si dovrà fare riferimento ai limiti previsti all'art. 26 D.lgs. 28 del 2011 e ai regolamenti di esenzione applicabili al settore specifico.

I beni usati non sono agevolabili. L’acquisizione da parte di un investitore indipendente degli attivi direttamente connessi a un’unità produttiva chiusa o a rischio di chiusura è una delle tipologie di investimento previste dal regolamento 800/2008, ma nel caso di specie può rientrare nelle spese ammissibili esclusivamente l’acquisto di beni strumentali nuovi di fabbrica funzionali a completare la riattivazione in questione.
(Art. 5 DM 27 novembre 2013 - P.to 6 Circolare 10 febbraio 2014 n. 4567)

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venerdì 20 febbraio 2015

Comprare casa pagando l’affitto: il regime fiscale del “rent to buy”




La disciplina del “contratto di godimento in funzione della successiva alienazione” può essere applicata a tutte le tipologie di immobili, sia gli strumentali sia gli abitativi

Con la circolare n. 4/E del 19 febbraio 2015, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti sul regime fiscale applicabile, ai fini delle imposte dirette e indirette, ai nuovi contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili (articolo 23 del Dl 133/2014), comunemente denominati contratti di “rent to buy”.

Le novità secondo il codice civile – “prima uso e dopo compro”
La circolare chiarisce che si tratta di una fattispecie contrattuale, diversa dalla locazione finanziaria, finalizzata a conferire al conduttore l’immediato godimento dell’immobile, rinviando al futuro il trasferimento della proprietà del bene, con imputazione di una parte dei canoni al corrispettivo del trasferimento. Questa tipologia contrattuale si caratterizza:
per l’immediata concessione in godimento dell’immobile verso il pagamento di canoni
per il diritto del conduttore di acquistare il bene
per l’imputazione di una quota dei canoni a corrispettivo del trasferimento.

Il fisco segue gli step contrattuali
Particolare attenzione è stata rivolta dall’Agenzia alle tematiche che riguardano: la quota di canone corrisposta per il godimento dell’immobile; la quota di canone corrisposta come anticipazione del corrispettivo; il successivo trasferimento dell’immobile; le somme restituite in caso di mancata conclusione del contratto di compravendita.
Viene distinta la disciplina fiscale applicabile per il periodo del godimento dell’immobile (antecedente all’esercizio del diritto di acquisto), i cui canoni sono assimilati a quelli della locazione, dal successivo esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore e del trasferimento dell’immobile, con riguardo anche alla tipologia dei soggetti concedenti/venditori, operanti o meno in regime di impresa.
L’Agenzia, inoltre, chiarisce il trattamento fiscale riservato alle ipotesi di mancato trasferimento dell’immobile e conseguente restituzione di tutti o parte degli acconti, sia quando non è stato esercitato il diritto di acquisto (comma 1-bis), sia quando il contratto si risolve per inadempimento da parte del concedente (comma 5).

Imposte sui redditi
Per il concedente che opera in regime d’impresa, nei periodi precedenti all’esercizio del diritto di acquisto, rilevano solo i canoni di locazione (nel caso di immobili strumentali per natura o di beni merce) o quanto emerge dal confronto tra il canone di locazione e la rendita catastale (nel caso di immobili patrimonio), mentre non assumono rilevanza gli acconti, essendo un anticipo sul prezzo di vendita.

Se il conduttore esercita il diritto di acquisto, emerge per il concedente titolare di reddito d’impresa un componente positivo di reddito.
Se, invece, il conduttore non esercita il diritto di acquisto, assume rilevanza reddituale per il concedente (come componente positivo da assoggettare a tassazione) la sola quota di acconto versata durante la locazione dal conduttore e trattenuta dal concedente secondo gli accordi contrattuali.

In caso di risoluzione per inadempimento del concedente, assumono rilevanza nella determinazione del reddito d’impresa, come interessi passivi, i soli interessi legali che il proprietario è tenuto a corrispondere al conduttore.
Nell’ipotesi di risoluzione per inadempimento del conduttore, si producono i medesimi effetti fiscali previsti in caso di mancato esercizio del diritto di acquisto. In particolare, il concedente assoggetta a tassazione la sola quota di acconto versata durante la locazione dal conduttore, che non deve essere a quest’ultimo restituita.

Per il proprietario/concedente che non opera in regime d’impresa, la quota dei canoni stabilita per il godimento è tassata come reddito fondiario derivante dalla locazione, cui è assimilato il godimento dell’immobile ed è determinata in base alle regole ordinarie. La quota dei canoni stabilita come acconto prezzo per il trasferimento non è tassata fino al periodo di imposta del trasferimento. In ogni caso, il proprietario/concedente può optare per la cedolare secca, se ne sussistono i presupposti.

Nel caso di esercizio del diritto di acquisto, il proprietario/concedente deve verificare se ha conseguito una plusvalenza imponibile quale reddito diverso in base alle regole ordinarie.
Nel caso in cui il conduttore non eserciti tale diritto, la restituzione da parte del proprietario delle quote dei canoni imputata ad acconto prezzo non assume alcuna rilevanza reddituale, né per il proprietario né per il conduttore.

Per il proprietario, la parte dell’acconto prezzo eventualmente trattenuta costituisce un reddito diverso, derivante dall’assunzione di “obblighi di permettere” (art.67, comma 1, lettera l, del Tuir), imponibile per un importo corrispondente a quanto trattenuto.
Stesso trattamento è previsto per le somme eventualmente trattenute dal concedente a titolo di indennità, nell’ipotesi di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore.

Iva
Se il concedente è un soggetto Iva, alle quote di canone imputate a godimento dell’immobile si applica la disciplina Iva prevista per i canoni di locazione, mentre le quote di canoni corrisposte a titolo di anticipazione del prezzo di cessione (acconti) seguono il trattamento Iva applicabile alle cessioni di immobili.

Nel caso di esercizio del diritto di acquisto dell’immobile, il momento di effettuazione dell’operazione si verifica con il passaggio della proprietà e la base imponibile è determinata dal corrispettivo di vendita pattuito cui va sottratta la somma dei canoni (acconti) versati dall’acquirente.
In caso di omesso esercizio del diritto di acquisto e di conseguente restituzione al conduttore della quota versata a titolo di acconto sul prezzo, il proprietario emette una nota di variazione a favore del conduttore per gli importi restituiti. La nota di variazione per l’ammontare complessivo è emessa anche se una parte degli acconti viene trattenuta. Tuttavia, tale quota assume, comunque, natura di corrispettivo dovuto per l’esercizio (a titolo oneroso) del diritto riconosciuto al conduttore e, conseguentemente, deve essere assoggettata a Iva, con aliquota ordinaria.

In caso di risoluzione per inadempimento del concedente, lo stesso deve restituire al conduttore tutti gli acconti sul prezzo incassati e, quindi, emette una nota di variazione.
Se invece l’inadempimento è del conduttore, il concedente, se stabilito dal contratto, acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità. Tali canoni, mutando la loro natura in penalità per inadempimento del conduttore, devono essere esclusi dall’applicazione dell’Iva mediante l’emissione di una nota di variazione.

Imposta di registro
Nel periodo precedente l’esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore, rileva sia la concessione in godimento dell’immobile da parte del proprietario a fronte del pagamento di un corrispettivo (una quota del canone) sia la quota di canone destinata, nella misura indicata nel contratto, ad acconti prezzo, per la vendita dell’immobile.
La quota del canone corrisposta per il godimento è assimilata, ai fini dell’imposizione, ai canoni di locazione. L’imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto ovvero sull’ammontare del canone relativo a ciascun anno.
Diversamente, in relazione all’imposizione sugli acconti, l’imposta viene calcolata sull’ammontare complessivo dei corrispettivi pattuiti per l’intera durata del contratto.

Se il contratto di godimento rientra nel campo di applicazione dell’Iva, per i fabbricati abitativi, l’imposta di registro è dovuta nella misura proporzionale del 2%, se il contratto è esente da Iva, in misura fissa, se invece il contratto è imponibile Iva.
Per gli immobili strumentali, in deroga al principio di alternatività Iva/Registro, il contratto sconta l’imposta di registro in misura proporzionale dell’1%, indipendentemente dal regime Iva di imponibilità o di esenzione. Le quote di canone da imputare a corrispettivo di vendita sono assoggettate all’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro.
Se il contratto di godimento non rientra nel campo di applicazione dell’Iva, per il godimento trova applicazione l’imposta di registro nella misura proporzionale del 2%, mentre, per quanto attiene alla quota di canone da imputare a corrispettivo di vendita, trova applicazione l’imposta di registro nella misura del 3% (articolo 9 della tariffa, parte I, Tur) sull’importo complessivo degli acconti pattuiti.
Esercitato il diritto all’acquisto da parte del conduttore, per il trasferimento dell’immobile si applicano le aliquote normalmente previste per i trasferimenti.

Per la determinazione dell’imposta di registro da applicare in sede di trasferimento, l’Agenzia chiarisce inoltre che è applicabile la disciplina dettata dalla nota all’articolo 10 della tariffa, parte I, del Tur, secondo la quale dall’imposta di registro dovuta per il contratto definitivo deve essere scomputata quella corrisposta in relazione agli acconti prezzo.

Infine, nel caso di mancato esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore ovvero di risoluzione del contratto per inadempimento, viene chiarito che non si dà luogo alla restituzione dell’imposta di registro corrisposta nella misura del 3%, applicata in relazione alla quota di canone assimilata ad acconti prezzo, anche nel caso in cui il concedente proceda alla restituzione di tali somme al conduttore.

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Lucia Grifoni
pubblicato Giovedì 19 Febbraio 2015 Da www.fiscooggi.it

mercoledì 7 gennaio 2015

Ravvedimento senza limiti temporali

L’Agenzia farà sapere agli interessati di quali informazioni è in possesso in ordine - tra l’altro - a ricavi, compensi, redditi, volume d’affari, valore della produzione
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La Stabilità 2015 (articolo 1, commi 634-640, legge 190/2014) punta decisamente a modificare il rapporto amministrazione finanziaria-contribuenti, introducendo nuove forme di comunicazione e collaborazione, da svolgere anche preventivamente, cioè prima degli appuntamenti fiscali, finalizzate – come chiarisce l’incipit della norma – a semplificare gli adempimenti, stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili.
A tale scopo, è previsto che l’Agenzia delle Entrate renderà disponibili al contribuente (o al suo intermediario) gli elementi e le informazioni di cui è in possesso (acquisiti direttamente o da terzi), riferibili allo stesso contribuente, utili a quest’ultimo perché possa valutare con attenzione la propria posizione. Sia in vista dei successivi adempimenti dichiarativi sia per rimediare ad eventuali errori/omissioni del passato, avvalendosi del ravvedimento operoso.
In tale contesto si inserisce la revisione dell’istituto che consente di regolarizzare le violazioni tributarie, beneficiando della riduzione delle sanzioni, graduata in funzione della tempestività della correzione.
In particolare, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate (tra cui, Irpef, Ires, Iva, Irap, imposte di registro, di bollo, ipocatastali, di successione e donazione), contrariamente al passato, è ora possibile accedere al ravvedimento anche nel caso in cui la violazione sia già stata constatata ovvero siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, delle quali i soggetti interessati hanno avuto formale conoscenza. In pratica, l’avvio di una verifica fiscale non preclude più il ricorso alla regolarizzazione.
L’unico ostacolo al ravvedimento è rappresentato dalla formale notifica di un atto di liquidazione o di accertamento oppure dal ricevimento di una comunicazione di irregolarità, emessa a seguito dei controlli automatici (articoli 36-bis del Dpr 600/1973 e 54-bis del Dpr 633/1972) o del controllo formale delle dichiarazioni (articolo 36-ter del Dpr 600/1973).
Avvalersi del ravvedimento operoso, comunque, non preclude l’inizio o la prosecuzione di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo e accertamento.
Sempre in riferimento ai tributi gestiti dall’Agenzia delle Entrate, è stato rimosso anche il limite temporale, in base al quale il ravvedimento era praticabile, al massimo, fino al termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno di commissione della violazione. In aggiunta a quelle già esistenti, sono ora previste ulteriori due ipotesi, per le quali l’entità dello “sconto” sulla sanzione è, come al solito, legato alla tempestività della regolarizzazione:
per il ravvedimento effettuato entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro due anni dall’omissione o dall’errore, la sanzione è ridotta a 1/7 del minimo
per il ravvedimento effettuato oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, oltre due anni dall’omissione o dall’errore, la sanzione è ridotta a 1/6 del minimo.
Un’ulteriore nuova fattispecie riguarda invece la totalità dei tributi, non solo quelli gestiti dalle Entrate. Se la regolarizzazione avviene entro 90 giorni dal termine di presentazione della dichiarazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro 90 giorni dall’omissione o dall’errore, la sanzione è dovuta nella misura ridotta a 1/9 del minimo.
Infine, è possibile avvalersi del ravvedimento per regolarizzare errori e omissioni, pur se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, anche al termine di attività di accesso, ispezione e verifica, quindi dopo aver ricevuto un processo verbale di constatazione; in questo caso, la sanzione è ridotta a 1/5 del minimo. Tale opportunità non è ammessa in caso di violazioni relative all'emissione di ricevute, scontrini fiscali e documenti di trasporto o all'installazione degli apparecchi per l'emissione di scontrini.

Contestualmente all’ampliamento del raggio di azione del ravvedimento (scattato dall’1 gennaio) è stata sancita l’abrogazione di alcuni istituti deflattivi del contenzioso (operativa, di fatto, dal prossimo anno): adesione ai processi verbali di constatazione, adesione agli inviti al contraddittorio e acquiescenza “rinforzata”, cioè relativa ad un avviso di accertamento non preceduto da pvc o da invito al contraddittorio.
In stretta connessione con le modifiche alla disciplina del ravvedimento, il legislatore è intervenuto anche sulla decorrenza dei termini per la notifica delle cartelle e per gli accertamenti in caso di presentazione di una dichiarazione integrativa e di regolarizzazione della violazione, quando non è prevista dichiarazione periodica. Il principio comune è che tali termini slittano in funzione delle correzioni apportate, ma con esclusivo riferimento agli elementi oggetto dell'integrazione.
In pratica, i termini per la notifica delle cartelle di pagamento relative all’attività di liquidazione (31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione ovvero quarto, quando si tratta di indennità di fine rapporto e prestazioni in forma di capitale) e di controllo formale (31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione), concernenti le dichiarazioni integrative presentate per correggere errori e omissioni incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo, decorrono – per quanto riguarda gli elementi “integrati” – dalla presentazione di tali dichiarazioni.
Analogamente, i termini per l’accertamento (31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione) decorrono dalla presentazione delle dichiarazione integrativa, limitatamente agli elementi oggetto di integrazione.
Infine, è stato previsto che anche per l’imposta di registro (articolo 76 del Dpr 131/1986) e per le imposte di successione e donazione (articolo 27 del Dlgs 346/1990), i termini per l’accertamento decorrono dalla regolarizzazione spontanea degli errori od omissioni.

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lunedì 5 gennaio 2015

Entra in scena il regime forfetario per imprese e autonomi più piccoli

Rimpiazza la disciplina dei "nuovi minimi" che, però, potrà essere ancora sfruttata fino al compimento del primo quinquennio di attività o, se successivi, fino ai 35 anni di età

Determinazione del reddito a forfait, moltiplicando i ricavi o i compensi prodotti nell'anno per uno specifico coefficiente (diverso a seconda dell'attività svolta), e applicazione di un'imposta sostitutiva (dell'imposta sui redditi, delle addizionali regionale e comunale e dell'Irap) con aliquota del 15%, da versare negli stessi termini e con le stesse modalità previste per l'Irpef (in caso di imprese familiari, l'imposta è dovuta dall'imprenditore sul reddito al lordo delle quote assegnate ai collaboratori familiari).
Queste le caratteristiche principali del nuovo regime fiscale agevolato per imprenditori, professionisti e artisti "di dimensioni ridotte" (ossia, per i soggetti Irpef che svolgono attività d'impresa o esercitano una professione o un'arte raggiungendo ricavi o compensi non particolarmente elevati), disegnato dalla "Stabilità 2015" (articolo 1, commi 54-89, legge 190/2014).

Contestualmente all'introduzione del nuovo regime, è stata sancita l'abolizione di quegli altri che, fino allo scorso anno, potevano essere adottati: il regime per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo ("forfettino" - articolo 13 della legge 388/2000); il regime contabile agevolato per gli "ex minimi" (articolo 27, comma 3, Dl 98/2011); il regime per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità ("nuovi minimi" - articolo 27, commi 1 e 2, Dl 98/2011).
Tuttavia, mentre per i primi due si tratta di una vera e propria cancellazione, il terzo ("nuovi minimi"), perdurando i necessari requisiti, potrà ancora essere utilizzato dai contribuenti che già lo applicavano nel 2014. Questi, infatti, potranno andare avanti con quel regime fino al compimento del quinquennio di attività (se, ad esempio, l'attività è stata avviata nel 2012 e lo scorso anno si era nel regime dei "nuovi minimi", vi si potrà restare fino al 2016 incluso) ovvero, se l'evento ricorre successivamente, fino al raggiungimento del trentacinquesimo anno di età (ipotizzando che quando l'attività è stata iniziata nel 2012 si avevano venti anni, si potrà continuare con il regime dei "nuovi minimi" fino al 2027). Ovviamente, se si preferisce e risultano soddisfatte tutte le condizioni richieste, si può "passare" al nuovo regime forfetario.

Chi è dentro e chi è fuori
Per ottenere l'accesso al nuovo regime forfetario, è richiesta la concomitante presenza di alcuni requisiti e condizioni, facendo riferimento all'anno precedente:
·       i ricavi/compensi conseguiti/percepiti, ragguagliati ad anno e senza considerare gli eventuali importi derivanti dall'adeguamento agli studi di settore o ai parametri, non devono superare i limiti indicati nella tabella sottostante
·       le spese complessivamente sostenute per lavoro accessorio, lavoratori dipendenti, collaboratori (anche a progetto), comprese le somme erogate agli associati sotto forma di utili da partecipazione, non devono eccedere i 5.000 euro lordi
·       il costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, dei beni strumentali risultanti alla chiusura dell'esercizio non deve superare i 20.000 euro, considerando: per i beni in locazione finanziaria, il costo sostenuto dal concedente; per i beni in locazione, noleggio e comodato, il loro valore normale (articolo 9 del Tuir); per i beni utilizzati promiscuamente, il 50%. Nel conteggio non rientrano i beni di costo unitario non superiore a 516,46 euro e i beni immobili, in qualsiasi modo acquisiti, utilizzati per l'esercizio dell'impresa, dell'arte o della professione
·       eventuali redditi di lavoro dipendente e assimilati posseduti non devono essere superiori a quelli d'impresa, arte o professione, a meno che il rapporto di lavoro sia cessato o la somma delle due tipologie di reddito non ecceda i 20.000 euro.
LIMITI DI RICAVI/COMPENSI E COEFFICIENTI DI REDDITIVITÀ
Gruppo di settore
Codici attività Ateco 2007
Valore soglia
ricavi/compensi
Coefficiente
di redditività
Industrie alimentari
e delle bevande
(10 - 11)
35.000
40%
Commercio all'ingrosso e al dettaglio
45 - (da 46.2 a 46.9) -
(da 47.1 a 47.7) - 47.9
40.000
40%
Commercio ambulante di prodotti alimentari
e bevande
47.81
30.000
40%
Commercio ambulante di altri prodotti
47.82 - 47.89
20.000
54%
Costruzioni e attività immobiliari
(41 - 42 - 43) - (68)
15.000
86%
Intermediari del commercio
46.1
15.000
62%
Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione
(55 - 56)
40.000
40%
Attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari
ed assicurativi
(64 - 65 - 66) - (69 - 70 - 71 - 72 -
73 - 74 - 75) - (85) - (86 - 87 - 88)
15.000
78%
Altre attività economiche
(01 - 02 - 03) - (05- 06 - 07 - 08 - 09) - (12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33) - (35) - (36 - 37 - 38 - 39) - (49 - 50 - 51 - 52 - 53) - (58 - 59 - 60 - 61 - 62 - 63) - (77 - 78 - 79 - 80 - 81 - 82) -(84) - (90 - 91 - 92 - 93) - (94 - 95 - 96) - (97 - 98) - (99)
20.000
67%

Sono invece esclusi dal nuovo regime agevolato, a prescindere dal possesso dei requisiti di accesso, i contribuenti che:
·       si avvalgono di regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfetari di determinazione del reddito
·       non risiedono in Italia, ad eccezione di quelli che sono residenti in un altro Stato della Ue o in uno Stato aderente all'accordo sullo Spazio economico europeo che assicura un adeguato scambio di informazioni e producono in Italia almeno il 75% del loro reddito complessivo
·       in via esclusiva o prevalente, effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi
·       oltre ad esercitare attività d'impresa, arte o professione, partecipano anche a società di persone, associazioni o Srl "trasparenti".
I vantaggi (con un extra per le start-up)
Diversi i benefici a vantaggio dei contribuenti che adottano il nuovo regime fiscale agevolato, a partire dalla semplificazione nella modalità di calcolo del reddito imponibile, che si ottiene, come già accennato, applicando ai ricavi/compensi dell'anno un determinato coefficiente di redditività (varia in base al codice Ateco identificativo dell'attività svolta). Risultano quindi irrilevanti le spese sostenute, tranne i contributi previdenziali obbligatori (tra l'altro, l'eventuale eccedenza può essere scomputata dal reddito complessivo). Inoltre, chi aderisce al nuovo regime forfetario:
·       è esonerato dal versamento dell'Iva e dagli altri adempimenti in materia (registrazione delle fatture emesse; registrazione dei corrispettivi; registrazione degli acquisti; tenuta e conservazione dei registri e documenti, fatta eccezione per le fatture di acquisto e le bollette doganali di importazione; dichiarazione e comunicazione annuale IVA; spesometro; comunicazione delle operazioni con Paesi black list. È invece tenuto alla certificazione dei corrispettivi, emettendo fattura ovvero, se da questa esonerato, rilasciando scontrino o ricevuta fiscale (la fattura dovrà recare, anziché l'ammontare dell'imposta, l'annotazione "Operazione in franchigia da Iva")
·       è escluso dall'applicazione dell'imposta regionale sulle attività produttive
·       non è soggetto a studi di settore e parametri
·       è esonerato, ai fini delle imposte dirette, dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili, esclusa la conservazione dei documenti ricevuti ed emessi
·       non subisce l'effettuazione, da parte dei sostituti d'imposta, di ritenute d'acconto sui ricavi/compensi percepiti (a tale scopo, deve rilasciare un'apposita dichiarazione dalla quale risulti che il reddito in questione è soggetto a imposta sostitutiva)
·       non è tenuto a operare ritenute sui redditi erogati (lavoro dipendente e assimilato, autonomo, ecc.)
·       se imprenditore, può versare i contributi previdenziali in base al reddito dichiarato e non sul reddito minimale
·       se nuova attività, nei primi tre anni il reddito imponibile è ridotto di un terzo, qualora si verifichino queste tre ulteriori circostanze:
o   il contribuente, nei tre anni precedenti, non ha svolto attività artistica, professionale o d'impresa, neanche in forma associata o familiare
o   l'attività da esercitare non costituisce mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta, anche sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, a meno che non si tratti del periodo di pratica obbligatoria richiesto per l'esercizio dell'arte o della professione
o   se si tratta di prosecuzione di attività svolta in precedenza da un altro soggetto, l'ammontare dei ricavi/compensi realizzati nel periodo d'imposta precedente non è superiore alla soglia indicata nella tabella per quell'attività.
Uscita dal regime, facoltativa od obbligatoria 
I contribuenti che applicano il regime forfetario possono fuoriuscirne volontariamente, optando per l'applicazione dell'Iva e delle imposte sul reddito nei modi ordinari. L'opzione deve essere comunicata con la prima dichiarazione da presentare dopo la scelta operata; è valida per almeno un triennio e, trascorso il periodo minimo, resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando ne permane la concreta applicazione.
Quando invece viene meno uno dei requisiti per accedere al regime forfetario o si verifica una delle cause di esclusione, il regime agevolato cessa di avere effetto dall'anno successivo: il contribuente sarà tenuto a tutti gli adempimenti relativi all'applicazione del regime ordinario (ad esempio, l'istituzione dei registri contabili e l'addebito dell'Iva).

Rilevanza del reddito forfetario
Per il reddito determinato secondo i criteri del regime forfetario non spettano le detrazioni per tipologia di reddito posseduto (articolo 13 del Tuir), mentre lo stesso rileva, va cioè sommato al reddito complessivo, ai fini della verifica del limite reddituale per il riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia (articolo 12, comma 2, del Tuir).


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